giovedì 27 dicembre 2012

LA BATTAGLIA DI PIEVE THO (di Alessandro Bazzocchi)


Affresco nella sala del sindaco nel Palazzo Comunale di Brisighella

La pieve Tho (San Giovanni in ottavo), situata a un chilometro circa da Brisighella, è il più antico edificio romanico del faentino e sorge lungo l’antica via Faventina, la strada che, in età romana, univa Ravenna a Firenze, passando per Faenza. La chiesa deve il suo nome al fatto che fu costruita all’ottavo miglio da Faenza. Questo modo di chiamare un edificio sacro in base alla distanza dal centro importante più vicino si riscontra anche in altre zone della provincia di Ravenna, come a Campiano, dove sorge la pieve di San Cassiano in decimo, cioè al decimo miglio da Ravenna, lungo la strada che in età romana portava a Forlimpopoli. All’interno, la pieve Tho è ornata da pregevoli affreschi del XV secolo e impreziosita da una suggestiva cripta. Una delle colonne è in realtà un miliario reimpiegato e appartenuto al percorso d’età tardo-antica della via Faventina (vi sono ricordati imperatori romani della dinastia dei Valentiniani, al potere tra IV e V secolo d. C.). Già il notaio Francesco Maria Saletti, vissuto nel XVII secolo, dedicò a questa piccola gemma dell’edilizia sacra alto-medievale alcune pagine del suo Comentario di Val Lamone, recentemente e per la prima volta edito dal professor Pietro Malpezzi di Brisighella. Sulla strada che univa Firenze a Faenza viaggiavano non solo carichi di merci, ma anche gli eserciti che dalla Toscana si spingevano in Romagna e fu proprio all’altezza della pieve Tho, come raccontava nel tardo Cinquecento l’illustre presule e cronachista di Brisighella Giovanni Andrea Calegari, che nel febbraio del 1425 si combatté un’importante battaglia. La battaglia di pieve Tho fu combattuta tra gli abitanti della Val di Lamone e l’esercito fiorentino, comandato da due illustri condottieri del periodo, Otto, figlio di Braccio da Montone, e Niccolò Piccinino. Per ordine della repubblica toscana essi dovevano attaccare Faenza con un esercito di 5000 cavalieri pesanti e molte genti a piedi (monsignor Calegari non specifica quanti fanti). Gli abitanti di Brisighella e di altre comunità di Val di Lamone affrontarono l’esercito fiorentino e lo sconfissero, uccidendo il primo dei due condottieri e facendo prigioniero il secondo. Comandava i romagnoli Rondanino figlio di Fosco da San Giorgio, il quale, per l’impresa compiuta, fu ben ricompensato dal conte Guid’Antonio Manfredi, signore di Faenza, Brisighella e Val di Lamone. La posizione geografica e la forza militare facevano di Faenza e della Val di Lamone un territorio d’importanza strategica. La battaglia di pieve Tho fu il secondo dei tre exploit che rivelarono la potenza militare delle fanterie di Brisighella, uno strumento che per molto tempo difese l’indipendenza della piccola contea romagnola dall’aggressiva politica estera degli stati confinanti, soprattutto Firenze e Milano, le quali a turno, tra Quattro e Cinquecento, cercarono d’impadronirsene. I montanari di Brisighella furono i primi in Italia a riprodurre la tecnica delle fanterie svizzere - le migliori d’Europa - che applicarono con successo nel 1358 contro Konrad von Landau (meglio noto come conte Lando), sbaragliandone l’esercito e uccidendolo. Sessantatré anni dopo la battaglia di pieve Tho - racconta sempre monsignor Calegari - i soldati di Brisighella si scontrarono



con le armate milanesi di Ludovico il Moro e del bolognese Giovanni Bentivoglio. Era il 1488 e il conte Galeotto Manfredi, genero di Giovanni, era stato assassinato da sicari assoldati dalla moglie Francesca Bentivoglio. L’esercito milanese fu sconfitto e il suo condottiero cadde trafitto da uno spiedo per mano di un membro della famiglia dei Catti di Brisighella, mentre Giovanni Bentivoglio fu fatto prigioniero. Poco meno di dieci anni dopo, i Naldi di Brisighella, tra i maggiori condottieri del XVI secolo, istituirono la compagnia mercenaria dei brisighelli, cosiddetta perché era formata da uomini reclutati prevalentemente a Brisighella e in altre comunità della Val di Lamone.
I brisighelli, in breve tempo, superarono gli svizzeri e divennero una delle migliori fanterie d’Europa. (di Alessandro Bazzocchi)


Bibliografia
A. Bazzocchi, La ricerca storica e archivistica su Dionigi e Vincenzo Naldi in rapporto alla dominazione veneziana nella valle del Lamone, Faenza, Carta bianca, 2010.
Cronaca di Brisighella e Val d’Amone dalla origine al 1504 per Mons. Gio. Andrea Calegari con una raccolta di lettere di personaggi illustri scritte al medesimo pubblicate sopra inediti manoscritti, Bologna, presso Gaetano Romagnoli, 1883.
R. Budriesi, Considerazioni sulla pieve del Thò, Bologna, La Fotocromo emiliana, 1991.
R. De Maio, Riforme e miti nella Chiesa del Cinquecento, Napoli, Guida, 19922.
F. Lombardi, Pievi di Romagna, Cesena, Il ponte vecchio, 2002.  
P. Malpezzi (a cura di), Comentario di Val d’Amone, Faenza, Casanova, 2002.

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