giovedì 30 ottobre 2014

ASL, UNICA DELLA ROMAGNA A NOI DESTA FORTE PREOCCUPAZIONE,

Raffaella Ridolfi Capo Gruppo Forza Italia Comune di Faenza.  Lo scorso 14 ottobre abbiamo partecipato ad una serata informativa per gli eletti nei Comuni del faentino tenuta dalla dirigenza della ASL unica della Romagna. Come documento d’introduzione della serata c’erano state inviate quattro paginette talmente generiche, superficiali, dense di luoghi comuni e frasi fatte (utilizzabili per un qualsivoglia processo di accorpamento di assetti istituzionali organizzati), che chi le ha lette è stato indotto a chiedersi se il mittente chieda davvero collaborazione o sperasse di lasciarci senza parole. Poi sono arrivate le slides, con le figurine per far capire e convincere anche i più riottosi ad accettare lo stravolgimento della sanità romagnola: con noi non ci sono riusciti perché parliamo tutti i giorni con la gente e raccogliamo le continue lamentele dei cittadini. A quasi undici mesi dalla costituzione della ASL unica  prendiamo atto che la dirigenza sta ancora lavorando alla definizione della filosofia che deve sottendere la redazione dell’atto di indirizzo dell’Azienda. Ad una attività filosofica frenetica corrisponde a ben guardare anche un’attività puntuale spartitoria di posti e di ruoli chiave che avviene all’interno del PD in un quadro caotico dove tutto è possibile e giustificabile. Chi, molti anni fa, aveva deciso di sopprimere i piccoli ospedali (da noi Castelbolognese, Modigliana, Brisighella, ecc) per chiudere le inevitabili discussioni, calava un asso che inibiva ogni replica: “la sanità territoriale e l’integrazione socio-sanitaria”. Questa panacea che nel frattempo è divenuta un ferrovecchio (assieme ad altri arnesi simili, sempre riproposti ma mai realizzati) viene oggi ripresentata nelle “Linee” come una magica novità, accessoriata  con le “Case della salute”. Avete presente che fine hanno fatto i presidi dismessi nel nostro comprensorio? E gli abitanti di quei centri, ai quali si ricordava, ad abundantiam, che l’ospedale di Faenza, con tutte le specializzazioni ed altrettanti ottimi primari, era a due passi dalle loro  case, pronto a dare ben altro che le modeste strutture periferiche? 
Benissimo se l’idea è tanto brillante perché il PD non ha il coraggio di proporre queste brillanti idee a Bologna perché adotti lo stesso modello assieme a Ferrara e Modena o a Parma perché lo faccia con Reggio e a Piacenza? E cosa significa  “va ribadita la centralità dei quattro ospedali “capoluogo”?


Centralità rispetto a cosa? Ravenna è del tutto decentrata rispetto al territorio che vorrebbe servire, Forlì (che alle recenti primarie regionali del PD ha votato unanimemente il suo ex Sindaco contrario all’Area vasta) e Cesena distano 15 km (come Faenza da Imola e Forlì) ed aspirano entrambe a divenire l’ospedale leader della Romagna, Rimini appare quanto meno disinteressata al progetto; e Imola? Pretende ed ottiene ancora di restare autonoma, con un ospedale che continua a crescere ed a ricevere direttamente notevoli finanziamenti dalla Regione; e come mai nel faentino sono stati chiusi da molti anni tutti i piccoli ospedali, mentre nel resto della Romagna sopravvivono presidi ospedalieri non solo in piccoli comuni della collina, ma anche a Cesenatico e Cervia, divise solo da un canale e prossime rispettivamente a Cesena e Ravenna? Davvero un bel quadretto. Ce poi la questione e la preoccupazione per il nostro ospedale e Troviamo la risposta ai nostri incubi nella proposizione che “ I cittadini sono oggi molto più interessati alla cure territoriali e meno di un tempo alla sanità per acuzie” (cioè agli ospedali); ci viene da dire che solo imbonitori di certe piccole TV commerciali usano oramai simili argomentazioni!
Nei documenti della dirigenza dell’Azienda Asl unica non mancano motivi di giubilo si mettono al bando gli sprechi del passato e del presente e si perseguono incredibili operazioni clientelari consistenti nell’ affittare locali (la Filanda) con costi esorbitanti, in una zona già oberata di traffico, (con gravi disagi per i cittadini), per trasferirvi servizi attualmente bene allocati in un immobile di proprietà della ASL. Chi vi può credere quando dite che non ci sono soldi?
Una nota ulteriore ci sembra necessaria è che nel passaggio di cui sopra ci si riferisce solo ai “servizi sanitari a gestione pubblica” ignorando come sempre il “privato”; una omissione che, tenuto conto della fondamentale, crescente presenza di strutture private nella realtà romagnola, da sola rende mendace,  inattendibile e quindi inutilizzabile l’intero documento ed il progetto della ASL unica.
La verità è che la gestione della sanità nell’ultimo ventennio (non a caso dopo l’unificazione delle tre USL di Ravenna, Faenza e Lugo) è stata fallimentare, con una accelerazione nell’era Carradori, una sorta di commissario inviato dalla Regione a Ravenna per eliminare il deficit, ridurre drasticamente le liste di attesa, bandire gli sprechi e ottimizzare le risorse, mantenere il livello delle prestazioni;  al suo arrivo, dichiarò che il compito era alla sua portata: “Sei mesi per smantellare le liste di attesa” precisò al Corriere che così titolò fra virgolette l’intervista. In realtà, dopo nove anni il nostro uomo ci salutò, con l’Azienda in deficit, i tempi di attesa tuttora intollerabili, i numerosi sprechi che abbiamo più volte invano stigmatizzato, unitamente a strane vicende come quella dell’assicurazione affidata alla ben nota compagnia rumena, che disturba i sonni di molti dipendenti medici e non, alcuni dei quali hanno pagato due polizze; ed inoltre un inaccettabile impoverimento della struttura ospedaliera e quindi del livello delle prestazioni, che ha costretto molti cittadini a pagarsi le prestazioni per intero o con ticket, dopo averle già pagate due volte (una con l’Irpef ordinaria e una con l’addizionale regionale, che, com’è noto, non é applicata da tutte le regioni).
Dopo undici mesi dall’attivazione dell’Asl Unica non si può retrocedere il confronto alla “visione” del problema, mentre continuano a venire adottati per il nostro ospedale provvedimenti o atteggiamenti che proseguono sulla via dello smantellamento, per ultimi l’affidamento del primariato di Medicina Nucleare al medico che ricopre lo stesso incarico a Cesena (irrealizzabile) e l’impegno ancora inevaso del concorso per la copertura del primariato di Chirurgia, dopo un anno dalla vacanza del posto.
Occorre invece portare nei consigli comunali e cioè nelle sedi istituzionali elettive, le questioni che la oligarchia di un solo partito sta decidendo, tenendo presenti alcuni principi che si possono riassumere nel diritto costituzionalmente garantito di offrire a tutti i cittadini la stessa qualità dei servizi sanitari.
Quanto all’articolazione, sarebbe forse più funzionale accorpare le poche eccellenze in un solo ospedale (buon senso vorrebbe che fosse il più facilmente raggiungibile) per non ripetere la negativa ed onerosa esperienza dell’Università in Romagna; gli altri ospedali - che servono bacini di utenza non dissimili per popolazione e tempi di percorrenza per il concreto accesso dai rispettivi bacini di utenza - dovranno avere le stesse dotazioni in termini di presidi, personale, attrezzature (fatta salva una proporzionalità nei dimensionamenti, ma non nella qualità). Ciò significa, ad esempio, che un faentino che viene colpito da una improvvisa malattia cardiologica o neurologica che richieda una assistenza tempestiva, non può, come oggi accade ma fino a ieri non accadeva, essere destinato a rischiare danni gravissimi e financo la vita più di un imolese o di un cesenate perché al primo vengono negati servizi che vengono concessi ad altri; e non ci riferiamo, nei casi citati, all’eccellenza (cardiochirurgia o neuro chirurgia che spetteranno ad un solo ospedale), ma alle attrezzature, alle figure professionali e quant’altro sarà disponibile negli ospedali limitrofi per mantenere, lo ripetiamo, condizioni di omogeneità che storicamente sono sempre esistite e che sono irrinunciabili; Faenza è quindi consapevole che dovrà rinunciare alle eccellenze, ma non si tenti di gabellare come tali, un primario, la guardia in Pediatria o in altri reparti, la Terapia intensiva in cardiologia, o interventi che fino a ieri sono stati eseguiti in Chirurgia o Urologia con ottimi risultati; e potremmo continuare.
I veri termini della questione non sono quindi se Faenza possa pretendere eccellenze, ma se debba accettare il rischio di essere l’unica città che perde ciò che ha sempre avuto e cioè un ospedale adeguato alle esigenze del suo bacino di utenza, accettando che esso si trasformi in breve in una struttura simile a quelle che abbiamo chiuso venti anni fa, per poi subire la stessa sorte. Il percorso avviato è identico a quello di allora: passo dopo passo si creano le condizioni perché la gente perda fiducia nella struttura e cominci a rivolgersi altrove, dopodiché il gioco è fatto: si dovrà prendere atto che non si può più tenere aperto un ospedale del quale la gente non si fida più.  
Non dimentichiamo che un cittadino cui si tolgono tali disponibilità, non viene solo esposto a rischi per la salute ben più elevati, ma lo di danneggia una seconda volta (unitamente ai familiari), addossandogli tutti i disagi conseguenti agli spostamenti, il tempo necessario ed i relativi costi; infine si impoverisce una città, che perde posti di lavoro e si dequalifica. Essendo i cittadini ricompresi nella ASL unica soggetti ad una contribuzione fiscale omogenea, non possiamo accettare che la Regione redistribuisca i finanziamenti penalizzando il nostro territorio.  Raffaella Ridolfi Capo Gruppo Forza Italia Comune di Faenza.

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